SAN FRANCISCO - Steve Jobs ha terminato. Scende dal palco del Yerba Buena Center di San Francisco, incassa gli applausi e le strette di mano della folta pleatea che ha assistito al lancio mondiale dell'iPad, l'ultimo gioiello di casa Apple. Abbiamo visto la teoria, ed era convincente, ma ora si passa alla pratica. La «tavoletta» di Steve Jobs è tra le mie mani, i tecnici di Apple mi danno qualche decina di minuti e cerco di spremere al massimo il nuovo "motore".

Basta prendere in mano un iPad e iniziare a giocarci per un po' e si capisce che su una cosa Steve Jobs ha avuto ragione: «Non giudicatelo – spiega – prima di averlo provato». Bastano cinque minuti e in effetti l'oggetto alieno diventa familiare in maniera quasi inquietante: sembra di averlo usato da sempre, di averci guardato film, scritto mail, sfogliato fotografie con la punta di un dito e navigato la rete tenendola stretta fra le mani da tutta la vita.
Convincenti i programmi "di serie" di Apple. A partire da quello per i libri: iBookstore. Fa comprare i libri in rete in un attimo e li organizza su scaffali. I volumi si sfogliano con la punta di un dito e l'effetto delle pagine che girano è un simulacro che non restituisce il piacere della carta ma sicuramente offre una gioia particolare agli occhi. Gratificati anche nella visione dei film, dove colori e movimenti sono esaltati dalla vividezza del display.
Belle e intuitive anche le foto: i mucchietti di immagini "esplodono" riempiendo lo schermo con un'animazione che è diventata un classico istantaneo. In generale, le applicazioni di iPhone sono migliorate. Fra tutte, la posta elettronica è forse la migliore, insieme a rubrica e agenda. Lo schermo generoso consente di organizzare verticalmente le finestre, usando la tastiera virtuale (molto più generosa e precisa che sull'iPhone) o una esterna "fisica". L'impressione è che l'iPad sia lo strumento che permette finalmente una via di mezzo tra lo scomodo telefono cellulare e l'ingombrante Pc portatile.

All'improvviso sembra di capire cos'è che non era mai andato bene nei vecchi gadget tecnologici e di aver trovato finalmente una soluzione migliore.

Non è un'allucinazione. A mente fredda, esiste infatti una spiegazione. L'iPad, come l'iPhone, usa una interfaccia naturale, cioè la punta delle dita anziché tastiere o pennini, e per questo risulta molto più intuitiva. Ci abituiamo subito perché la usiamo da quando siamo nati. L'arma segreta di iPad per andare sul mercato è il fatto che da tre anni anche i bambini hanno imparato, grazie all'iPhone, i fondamenti dell'interfaccia "touch". Si scorre un dito e si sblocca lo schermo. Poi si tocca, si ruota, si manipola con le dita. Facile e immediato. Con iPad anche molto veloce, grazie al processore particolarmente "generoso". Inoltre, Apple ha un ingrediente segreto che la concorrenza non riesce a emulare. È la cura estrema nella fattura materiale dell'oggetto, disegnato da Jonathan Ive, che si integra alla perfezione con il suo software. Apple, infatti, produce tutto da sola: non è esente da errori, però riesce lo stesso a infondere un'anima ai suoi prodotti che manca agli altri.

L'iPad dà la sensazione di essere solido: un monoblocco di alluminio scavato, con una lastra di vetro al vivo che protegge il display ai cristalli liquidi da 9,7 pollici (25 centimetri) multi-touch con retroilluminazione Led, risparmiosa e molto vivida. Ispezionandolo da vicino è un piccolo capolavoro di ingegneria, con finiture perfette. Il peso, 680 grammi per la versione senza telefonia 3G che ho provato, è corretto, e lo schermo è robusto: non flette, nonostante copra tutta la superficie di un apparecchio spesso solo 1,27 centimetri. L'iPad è compatibile anche con i vecchi software iPhone: ne ho provati tre o quattro (messi a disposizione da Apple) e paiono una soluzione transitoria, in attesa che gli sviluppatori ne realizzino di nuovi per iPad. I vecchi software, studiati per un display quattro volte più piccolo, a dimensioni normali "galleggiano" al centro di una schermata nera, mentre a dimensioni raddoppiate mostrano evidenti limiti di risoluzione.

L'entusiasmo della prova sul campo, tuttavia, deve essere in parte mitigato, segnalando la mancanza di videocamera, del multitasking e della possibilità di leggere il linguaggio flash, usato per arricchire milioni di siti web.

Con qualche ruvidità iniziale, peccati di gioventù, l'iPad è davvero la terza via dell'informatica. Apre un ciclo nuovo che non sappiamo ancora dove ci porterà. E, dopo averlo usato per un po', mostra in filigrana qualcosa di più: tracce dell'ambizione di Steve Jobs di reinventarsi i paradigmi dell'informatica post-Pc, in cui è la macchina che si deve adattare all'uomo, e non viceversa.

 

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